Da Ciampi... a Ciampi

 

Con l’approssimarsi delle prime elezioni del Parlamento di quella che tutti gli schieramenti politici chiamano con soddisfazione la seconda repubblica, anche tra i lavoratori cui si chiede cosa fare e per chi votare.

Lotta di classe, capitale e Stato

I comunisti anarchici ritengono opportuno ripetere ancora di più in occasioni come questa che solo con lo sviluppo della lotta di classe il proletariato riesce ad imporre alla borghesia, al padronato e al capitale quelle vittorie, sia pure parziali, in grado di indebolirli aprendo la strada a vittorie più consistenti che, inserite in una strategia di trasformazione sociale possono portare all’affrancamento dallo sfruttamento.

Riteniamo anche che è proprio lo sviluppo della lotta di classe, nella sua forma organizzata, politica e di massa che difende e conserva gli ambiti di agibilità politica per assicurare quelle libertà elementari che permettono all’opposizione di classe di crescere e svilupparsi.

Proprio perché convinti della centralità delle lotte e perché sostenitori delle iniziative sviluppate dai lavoratori attraverso l’azione diretta, noi comunisti anarchici riteniamo impraticabile il terreno della democrazia rappresentativa e rifiutiamo ogni uso del Parlamento, sia pure come tribuna dalla quale affermare e difendere i diritti dei lavoratori. Ciò ci ha spinto e ci spinge al rifiuto dell’elettorato passivo e pertanto è da escludere ogni nostra candidatura.

Ma vi è di più. Il comunismo anarchico, nella sua analisi delle forma politica che il dominio capitalistico assume, nell’analizzare gli assetti diversi che le istituzioni disegnate dal capitale hanno assunto, ha sviluppato una radicale critica dello Stato. Pur consapevole che il dominio del capitale sul lavoro si esercita nei rapporti economici e nel controllo della struttura produttiva, i comunisti anarchici riconoscono un ruolo non neutrale allo Stato. Esso, quale sovrastruttura, interagisce con il potere economico, ne è funzionale, lo esercita a volte direttamente e al tempo stesso concorre a rendere possibile, a difendere militarmente, a controllare, attraverso le istituzioni politiche, lo sfruttamento del proletariato.

Congiuntura italiana e situazione internazionale

L’organizzazione politica dei comunisti anarchici si pone rispetto alla scelta elettorale non sul piano dei principi ma su quello più concreto delle dinamiche che regolano il ciclo capitalistico internazionale e lo scontro di classe. Pertanto ciò che avviene oggi in Italia, per essere compreso a pieno, va collocato anche all’interno di un panorama più vasto.

Nelle aree a capitalismo forte e sviluppato e certamente in quella europea le forme nazionali di democrazia borghese rappresentano strutture arretrate di dominio poiché i processi di internazionalizzazione del capitale in atto richiedono la creazione di corrispondenti centri decisionali a livello sovranazionale, il che dà luogo alla nascita di nuove e diverse istituzioni. Perciò, le tendenze reali del ciclo capitalistico (concentrazione, creazione di vaste aree commerciali a livello continentale, razionalizzazione capitalistica della divisione del lavoro all’interno di queste aree, massicci processi di espulsione di forza lavoro, creazione programmata di aree poveri, aree di conflittualità militare circoscritte, ecc.) indicano la necessità di articolare strategicamente e in senso extraparlamentare l’azione dei comunisti anarchici.

Tuttavia, ciò non significa che le politiche governative non esistono o che pur esistendo non possono essere combattute e sconfitte dall’opposizione di classe, ma solo che tale opposizione deve svilupparsi fuori e contro le istituzioni parlamentari borghesi e a livello internazionale se vuole essere efficace.

Rimane quindi valida la tradizionale indicazione dei comunisti anarchici di lottare contro il capitale e contro lo Stato che di esso è l’articolazione politica, di privilegiare sempre e comunque il terreno extraparlamentare poiché solo in tal modo avviene il coinvolgimento diretto delle masse nella lotta e cresce la loro coscienza politica.

E’ del tutto evidente - alla luce delle premesse poste - che la scadenza elettorale diviene uno scontro di interessi proprio delle varie fazioni borghesi che si danno coperture ideologiche e politiche più o meno mutevoli anche per cercare di riportare all’interno di questo scontro classi e ceti che per loro natura sarebbero estranee a questo scontro. Così le alleanze interclassiste che l’azione parlamentare inevitabilmente determina si riducono a sostenere interessi di classe delle diverse fazioni borghesi a tutto danno del proletariato e dei suoi interessi.

Le prime elezioni della seconda repubblica

I partiti nati dalla guerra di liberazione e dall’opposizione al fascismo erano troppo ideologizzati, riconoscevano ancora l’esistenza di una contrapposizione di classe tra capitale e lavoro, inadeguata alle nuove funzioni che le istituzioni devono svolgere nel quadro di sviluppo del dominio capitalistico sopra descritto. Perciò andavano distrutti.

E’ stato facile: non erano esenti da colpe, anche perché la corruzione, il furto, le malversazioni sono caratteristiche endemiche del mercato, parte meno nobile ma essenziale del dominio borghese.

Perciò è toccato ai giudici fondare la nuova repubblica, attuando un disegno lucidamente messo a punto fin dagli anni ’70 dalla destra politica ed economica, da sempre interessata ad omologare l’Italia agli altri paesi dell’Europa occidentale.

Mentre si inquisiva il ceto politico compromesso (tutto o quasi), un vecchio arnese legato alla politica golpista proponeva, acclamato dai partiti di sinistra, l’abolizione del metodo proporzionale, determinando con l’introduzione del sistema maggioritario il superamento della stessa forma partito, per come il paese l’aveva conosciuta. Così lo scontro elettorale è divenuto ancor più scontro di schieramenti e non di programmi, scontro di persone e non di idee. Sono nate aggregazioni “innaturali” al solo scopo del potere e di costruire comunque una maggioranza che governi.

A destra si è costruito uno schieramento articolato ma unitario che poggia sull’asse Fini-Berlusconi-Bossi. La triade è così odiosa da suscitare ed alimentare allarmismi, immagini di nuovo fascismo telematico-separatista con una robusta verniciatura di gagliardetti.

Al centro si forma un’aggregazione moderata dall’incerto futuro che raccoglie i resti dell’immarcescibile DC, supportata - ma quanto? - dalle gerarchie ecclesiastiche e da un voto di scambio che ancora resiste.

Il “polo progressista” fa rotta moderata, equiparando il proprio programma politico ed economico a quello monetarista ad oggi dominante, dimenticandosi la fine rovinosa della sinistra riformista in tutti i paesi nei quali è andata al governo per fare politiche di destra. Riesce perfino a farsi dare lezioni di riformismo dai Clinton e dai democratici americani!

Il PRC converge nell’alleanza per non sparire, illudendosi di poterla poi condizionare nella misura in cui raggiungerà un qualche peso elettorale.

Quel che colpisce e deve far riflettere è la sostanziale convergenza dei programmi dei diversi schieramenti che, a prescindere da trascurabili accentuazioni, si caratterizzano per una sostanziala riproposizione di scelte neoliberiste che avranno l’inevitabile effetto di accentuare la disoccupazione, distruggere ulteriormente i residui di "stato sociale".

Comunque finisca, il circo politico si prepara ad uno spettacolo farsesco dove in gioco con v’è altro che il perpetuarsi dell’attuale assetto di potere con l’effetto non secondario di una omologazione del gioco politico-istituzionale di questo paese a quello di tutti i suoi partners europei, devitalizzando la peculiarità del movimento operaio italiano che ha saputo esprimere una vitalità e una radicalità tra le più costruttive e originali.

Da parte nostra, di fronte alla strada ormai segnata - nella migliore delle ipotesi - di un passaggio da Ciampi a Ciampi, ci sentiamo rafforzati e ancor di più convinti della necessità di impegnare ogni energia nella lotta di classe, nella difesa dei lavoratori, nella ricostruzione delle loro organizzazioni, pronti a difendere gli spazi di agibilità politica che comunque sono destinati a ridursi ulteriormente.

Al di là della scelta astensionista sulla scadenza elettorale, il nostro obiettivo rimane quello di rafforzare l’unità di classe con tutti coloro che comunque esplicano il loro agire politico e sociale e lavorano per favorire, stimolare e incentivare ogni espressione di auto-organizzazione, puntando ad unificare le diverse lotte parziali in una battaglia più generale contro il capitale e lo Stato.

Federazione dei Comunisti Anarchici

marzo 1994