Alle radici del reggae

 

Finché l'ignobile e drammatico regime che oggi opprime
con le sue disumane catene i nostri fratelli non sarà
totalmente rovesciato e spazzato via, fino a quel giorno
l'Africa non avrà pace.
War, di Bob Marley

Il viaggio inizia in Giamaica; mare blu, arcipelago delle Grandi Antille, terra della primavera, ricca d'acqua e di vegetazione. Colonia inglese già dalla fine del 1600 fu meta di migliaia di schiavi africani; le condizioni di vita degli schiavi erano durissime e molti di loro cominciavano a ribellarsi e a fuggire nella foresta: i cosiddetti "Maroons" che iniziarono a vivere in comunità mantenendo vive le loro radici culturali africane. Il reggae nasce da questa tradizione fatta di musica africana fusa con il rhythm and blues americano e il calypso, una sorta di ska rallentato. Storicamente il reggae trae origine dallo sviluppo del calypso prendendo forma dal "mento" una musica di chiara ispirazione africana in cui i temi fondamentali erano il sesso ma anche un veicolo di trasmissione di messaggi contro il potere. Nascono i primi gruppi musicali in cui si sente l'influenza della musica americana e i primi "sound system"; le discoteche itineranti montate su camion che diffondono una miscela di musica folk giamaicana e di rhythm and blues che diverrà poi la musica Ska in cui il ritmo è molto più accelerato del reggae. Lo Ska agli inizi degli anni sessanta diventa popolare non solo in Giamaica ma anche in Europa e principalmente in Inghilterra in cui diventa la colonna sonora delle bande giovanili (i cosiddetti Mods); da questa miscela nasce il Reggae che fonde insieme il folk, lo Ska e introduce le chitarre elettriche al posto della sezione fiati. In questi anni, siamo negli anni '60, molti immigrati di colore, provenienti dai Caraibi, si riversarono nella madrepatria coloniale Gran Bretagna, poveri ma pieni di speranze e di prospettive di lavoro; ben presto si accorsero che l'inserimento con successo nella società britannica è pura illusione per cui diventano i "rude boy giamaicani", ribelli senza lavoro, sotto controllo della polizia la società britannica li addita come responsabili della crescente criminalità inglese.

Negli anni settanta il reggae diventa sinonimo di Bob Marley e dei Wailers; la loro musica riesce a conquistare e a condizionare il rock mondiale, una musica dolce intrisa d'amore, misticismo ma anche di impegno politico che diventa naturalmente linguaggio comune di un'intera generazione di giovani americani ed europei.

Fu appunto Marley a portare ilo reggae fuori dai confini dell'intrattenimento, con canzoni destinate a passare alla storia, canzoni concettuali, coerenti, impegnate, ricche di musica piena d'orgoglio nero giamaicano. Marley prende coscienza del suo ruolo sociale all'interno della comunità giamaicana ma presto di tutto il popolo dei neri, riuscendo a trovare un equilibrio tra il ribelle degli esordi e la successiva conversione religiosa. Appoggia la lotta dei neri rhodesiani; in Giamaica riesce, in un famoso concerto, ad unire le mani del primo ministro giamaicano e del leader dell'opposizione nonostante l'odio che li separava. Riesce ad essere un punto di riferimento nella lotta sociale dei neri. Anche i giovani bianchi hanno amato profondamente il profeta Marley probabilmente senza afferrare il rapporto tra cultura giamaicana e religione rasta, riconoscendo la canzone quale veicolo di rivolta.

Nei ghetti di Kingston, nelle comunità il culto del rastafarismo è vivissimo, un culto che ha l'intento di unire i popoli africani come profetizzava Marcus Garvey, il leader nazionalista nero, nato in Giamaica e discendente dei "Maroons" e che nei primi del '900 promosse negli Stati Uniti il movimento per il ritorno dei neri in Africa, la propria unificazione e l'esodo da Babilonia (celebre la canzone di Marley EXODUS) la terra della corruzione e del consumismo ma anche della sofferenza e del peccato.

Il giorno della grande marcia verso l'Etiopia, la nazione che viene identificata come la terra promessa dei rasta, si realizza nel 1930 quando viene incoronato imperatore d'Etiopia Hailé Selassié, chiamato appunto Ras-Tafari. I rasta credevano nella sua discendenza dal Re Salomone e nel suo essere incarnazione di Dio (Jah) in terra: nell'attesa di unirsi a lui lo scopo dei suoi seguaci era di combattere Babilonia anche con la musica. Il rasta propone un modello di netto rifiuto e di opposizione alla realtà. A caratterizzare i rasta c'è una acconciatura chiamata "dreadlocks" formata da lunghe ciocche di capelli intrecciati e lasciati crescere liberamente dal "Tam" tipico berretto di lana con i colori dell'Etiopia; ma oltre l'esteriorità ci sono i ferrei principi dietetici: divieto assoluto di alcool e tabacco. Lo studio della sofferenza umana, il ruolo attribuito alla marijuana o ganja considerata l'erba saggia, che facilita la meditazione e la preghiera, assicura una maggiore comunicazione spirituale con i fratelli e possiede anche qualità medicinali (famosa la canzone di Peter Tosh "Bush doctor" in cui se ne chiede la legalizzazione). La musica reggae ha portato comunque voglia di rivolta in Occidente ed in alcuni casi si è unita al disagio sociale espresso nella musica rock anglo-americana, dando voce e fiato agli emarginati dei ghetti. Molti erano convinti che il reggae sarebbe scomparso dopo la prematura morte di Marley e di Peter Tosh, anzi è progredito e ha creato tante stars quali Gregory Isaacs, Jimmy Cliff, Burning Spear. Ma ciò che ha contribuito enormemente alla diffusione del suono reggae è stato l'opera dei Dj e dei produttori discografici giamaicani ed inglesi; sono questi personaggi a creare stili decisivi per le traiettorie che riportano la musica giamaicana sui binari tracciati da Marley e dalla sua generazione. Tra i cantanti, la figura di Garnett Silk ben si addice alla suggestione profetica che prevede il reggae. Divenne in Giamaica, agli inizi degli anni '90, la bandiera del rilancio dei temi rasta, ritorna il mito del cantante/profeta, si rinnovò in un reggae militante, si uniscono a lui anche Sugar Minnott, Coca Tea etc. A fianco dei cantanti un ruolo creativo e quello dei DeeJays che riproducevano versioni diverse dei brani di successo modificate attraverso l'uso di echi e riverberi, musica poi definita "Dub". Dal Dub nacque l'abitudine di parlare su basi preregistrate a tempo di musica, il cosiddetto "Toasting". Dal toasting al raggamuffin si passa attraverso la esasperazione del nuovo Djstyle, una musica in cui conta molta la tecnologia, di ritmi computerizzati e parole che diventano denuncia ma anche ballo in cui è molto forte il legame alla vita con le sue passioni religiose, politiche.

Una musica contaminata dalla cultura bianca ma che resta fortemente legata alle tradizioni dell'isola. In Italia il reggae fa il suo ingresso trionfale nel Giugno del 1980 con i due concerti di Torino e Milano di Bob Marley che ipnotizza 150 mila giovani; il reggae in Italia ha messo solide radici: è suonata e ascoltata da migliaia di giovani che attraverso il raggamuffin e le posse hanno coniugato ritmi giamaicani e dialetti italiani, quindi con le nostre tradizioni, la nostra musica. Quello che colpisce ascoltando gruppi come il Sud Sound System, gli Africa Unite, i Pitura Freska che utilizzano il raggamuffin per parlare di quello che accade intorno è il sottile legame che li unisce con un modo di concepire la musica che in Italia era attivissimo negli anni '70; si ricordi, ad esempio, i Canzonieri, i Gruppi operai di Pomigliano d'Arco, la Nuova Compagnia di Canto Popolare, musica fatta di tentativi di recuperare le proprie radici attraverso altre esperienze musicali, la similitudine quindi tra attitudini musicali e temi sociali.


Da Alternativa Libertaria, ottobre 1996