Grana Padana

 

La polarizzazione dei partiti politici nei raggruppamenti di centro destra e centro sinistra ha imposto a Bossi l'avvio di una campagna di sopravvivenza e di mantenimento di quella quota di consenso elettorale che gli "indecisi" dei due schieramenti gli aveva riconosciuto.

Dopo aver governato e sostenuto Berlusconi e dopo aver governato e sostenuto il Governo Dini assieme al centro sinistra, l'immagine politica della Lega si è notevolmente appannata rispetto ad una tradizionale posizione di "arrembaggio politico". Anche lo sbandamento a sinistra che aveva avuto appoggiando in molti Comuni la coalizione di centro sinistra aveva portato Bossi a degli atteggiamenti molti più mediatori, fino a sviluppare trattative per la compartecipazione alla campagna elettorale politica con l'Ulivo. Tale orientamento tattico è franato ben presto sotto il peso del rischio dell'abbraccio letale sia nei confronti dell'Ulivo, che del Polo di Berlusconi.

Per non rischiare quindi di essere "risucchiato" Bossi gioca la carte del "terzo incomodo", raccogliendo inaspettati e vasti consensi tra gli indecisi di centro e sulla base delle rispolverate vecchie parole d'ordine separatiste e razziste. È su questa spinta che, all'indomani dell'esclusione dalle postazioni governative e dai relativi palcoscenici, Bossi ha la necessità impellente di organizzare un "nuovo grande spettacolo" al fine di cavalcare i segmenti elettorali che ha catturato sui temi del separatismo e del "non più tasse a Roma".

Sulla base di questa necessità politica la Lega progetta la "campagna di settembre" per orchestrare l'affermazione di una nuova identità politica (per altro già utilizzata al momento della sua nascita) e allontanare la vecchia immagine di partito di governo riassumendo la maschera di "Robin Hood" del ceto medio.

Gli ingredienti della nuova sceneggiata artigiana e sciovinista vengono ripescati e aggiornati dal vecchio armamentario del separatismo regionalista, innestato sul nuovo slogan di "teniamoci i soldi delle tasse". È in questo quadro che viene riproposta la separazione nord/sud ed i tradizionali contenuti razzisti e fascisti.

La Padania, per come viene proposta da Bossi, è una invenzione artificiosa. Le relazioni storiche e socio economiche che legano il Trentino con la Toscana o il Triveneto con le Marche non sono mai esistite. L'azione strumentale di Bossi (ed è esplicita) è quella di separare l'Italia tra "ricchi" e "poveri", millantando un futuro migliore benessere per entrambi.

Per tentare di mitigare la rozzezza del progetto politico viene lanciata la parola chiave del federalismo come necessità di riforma dello Stato, ormai riconosciuta da tutti.

I risultati di questa azione spettacolare, al di là della pagliacciata lungo il Po, sono rilevanti e significativi. Il consenso politico che attualmente in grado di vantare la Lega è molto superiore di quello che solitamente si vuol far credere. Anche se molti ex democristiani e molti appartenenti al ceto medio hanno seguito le orme di Berlusconi, molti altri di essi hanno manifestato, anche in via informale, il consenso all'iniziativa bossiana. Quindi, il fenomeno Lega/Padania/Separatismo è tutt'altro che da sottovalutare nei suoi effetti politici indiretti.

Significativa è stata la dichiarazione del Presidente dei giovani industriali del Triveneto a favore della Padania, che ha costretto al vice presidentessa Marcegaglia ad intervenire ed a cercare di smentire per non far fare brutte figure alla Confindustria. Questi ed altri sono segni evidenti dell'attrazione subita dal ceto medio basso verso la chimera "mi tengo i soldi delle tasse". E' di fronte a questa azione che il Governo, la sinistra tradizionale e lo stesso Sindacato hanno reagito in modo affannoso e ridicolo.

Fin dall'inizio della "grana padana" l'atteggiamento del Governo e del PDS è stato caratterizzato dal limitarsi ad una risposta "istituzionale" fino a far dichiarare al segretario provinciale di Mantova che il PDS non avrebbe partecipato al "ponte ideale" organizzato dal movimento verde ed alternativo, in quanto la risposta l'avrebbe data il Governo. In realtà la motivazione di fondo è che la Lega sorregge diverse Giunte comunali con l'Ulivo e quindi si è scelta la strada del "non conflittuale". Anche il Sindacato ha fatto finta di occuparsi della cosa (fatta salva qualche rara presa di posizione di singole strutture di base). La sinistra di governo, infatti, è ancora legata la speranza di poter raggiungere accordi con la Lega per strutturare un'aggregazione che funzioni da "ago della bilancia".

L'azione di Bossi è una "grana" anche per le organizzazioni imprenditoriali che da sempre controllano politicamente il ceto medio produttivo e che adesso, invece, sono segmentate su più fronti (ex democristiani, forza italia e lega). Dal secondo dopo guerra mai come ora si è creata una spaccatura nella compattezza del fronte capitalistico a scapito di una sua capacità di controllo del sociale. La Lega, quindi, soprattutto fra gli strati dei commercianti e degli artigiani rappresentano una nuova spiaggia per poter mantenere i vecchi pregi dell'evasione fiscale.

L'iniziativa di Bossi rischia di essere pericolosa anche per la stessa Lega, in quanto ha prodotto notevoli strappi non solo al proprio interno ma anche in alcuni settori del proprio elettorato. Soprattutto, lo spettacolo di Bossi impone il mantenimento di "livelli di provocazione" sempre crescenti che rischiano di portare la lega in un vicolo cieco per l'incapacità di mantenere le sue doti trasformistiche (prima con Forza Italia poi con Dini e il PdS, etc.) escludendola perciò da qualsiasi gioco politico.

In questa situazione d'ingessamento della "sinistra di governo" è necessario che tutte le forze comuniste e libertarie indipendenti promuovano iniziative politiche per combattere una nuova forza fascista che si sta organizzando sotto la bandiera verde della Padania. Il pericolo di una crescita di tale movimento è molto attuale a causa degli opportunismi tattici e di bottega. Al progetto leghista va data una risposta sia sul versante dei contenuti di solidarietà dei popoli (né padani, né italiani, ma cittadini del mondo), sia su quello "antifascista" , impedendo di espandersi di una nuova strategia di segregazione dal colore verde.


Da Alternativa Libertaria, ottobre 1996