Quando chi lotta per i diritti umani ignora i diritti dei propri lavoratori

 

Forse era un'idea stupida, ma lo scorso estate ho cominciato a lavorare come segretaria nella sede del Partito Radicale Transnazionale (PRT) a Mosca.

Durante quest'ultimo anno, il PRT di Mosca ha abbandonato alcune campagne politiche poco attraenti, quali "l'amministrazione temporanea" (ossia, intervento militare) da parte dell'ONU in Cecenia, il diritto all'eutanasia e quella di "Russia nell'UE". Sono veramente pochissimi i veri attivisti del PRT in Russia, e quasi tutte le attività sono svolte dai dipendenti della sede, come parte delle loro mansioni.

Non mi ero interessato molto al contratto di lavoro, tanto si trattava di un lavoro temporaneo.

Tuttavia, i contratti di lavoro in Russia sono quasi sconosciuti, molti lavorano senza contratto e altri ancora hanno contratti che stipulano una frazione del salario effettivo (in modo che il datore di lavoro possa nascondere dal fisco le vere cifre). Per diversi motivi, ho deciso di lavorare alla sede del PRT e ci lavoro da 10 mesi. Ho firmato un contratto dove il salario dichiarato era di circa 12 volte meno di quello reale. Inoltre, il contratto era firmato, non dal PRT, ma da un'altra organizzazione con sede in Russia, dal momento che nemmeno il PRT (basato in Italia) non ama pagare le tasse e ufficialmente non ha una sede in Russia.

Nel marzo di quest'anno, il PRT in Italia sembra aver avuto delle difficoltà finanziarie. I lavoratori e le lavoratrici della sede di Mosca non sono mai stati coinvolti nel prendere le decisioni o nel dibattere l'attività' del PRT a livello internazionale. E nemmeno, ovviamente, nelle questioni di soldi. Posso immaginare come può fallire un'azienda, ma stavolta era qualcosa di veramente strana. I capi del PRT in Italia hanno smesso di inviare soldi a Mosca senza nemmeno una spiegazione di quello che stava succedendo o dare istruzioni sul futuro della sede di Mosca. Si rifiutavano addirittura di accettare qualsiasi telefonata da Mosca. Dopo due mesi, e molte lettere, abbiamo ricevuto i soldi per un mese, di nuovo senza alcuna spiegazione di cosa sarebbe successo poi. Il capo della sede di Mosca, Khramov, e l'unico attivista del PRT in Russia, voleva farci credere nei principi morali superiori dei suoi "compagni" italiani e ci ha convinto che prima o poi i soldi sarebbero arrivati e che, ad ogni modo, se la sede dovesse chiudere, avremmo ricevuto sia gli arretrati di stipendio, sia le vacanze estive pagate e poi la cassa integrazione. Ci ha pagato una parte di quanto dovuto dai propri soldi perché gli interessava mantenere l'ufficio, la propria posizione politica e l'ottimo stipendio del PRT. Nel mese di giugno, la maggior parte dei lavoratori si sono stancati di aspettare e si sono licenziati. Ognuno sperava nell'arrivo dei soldi e nessuno voleva veramente "accendere il fuoco" sotto il PRT o dare alla situazione una lettura politica. La gente in Russia non credono alle possibilità della resistenza collettiva.

A luglio, abbiamo saputo che qualcosa si muoveva. Nel calcolare il debito del PRT alla sede di mosca, abbiamo saputo tramite lettera dal PRT che non eravamo impiegati, ma attivisti del PRT e che non si trattava di stipendio, ma di "rimborso". Sono stati i responsabili per l'apertura della sede nel 1991, ad creare questa situazione. Per questo motivo, non ci spettavano più né vacanze pagate, né cassa integrazione. Nella lettera, si prometteva di pagarci gli arretrati di stipendio senza, però, dire quando. Inoltre, abbiamo saputo che il "kaznachei" (il responsabile per le operazione finanziarie del PRT in Italia) era scappato e che nessuno poteva occuparsi del conto bancario del PRT, che la sede italiana aveva dei grossi debiti e che era da febbraio che gli impiegati non venivano pagati. Purtroppo, non abbiamo contatti diretti con i dipendenti,
sapendo che pochi di loro parlano l'inglese e che già non lavorano più nelle sedi del partito in Italia.

Ho tante altre cose più interessanti e più importanti da fare che non organizzare conflitti con un partitino liberale per avere un po' di soldi. Non ho alcuna documentazione ufficiale che provano il fatto che ho lavorato lì, solo molti testimoni in Russia. A momenti nemmeno i miei colleghi mi danno sostegno, dal momento che molti di loro preferiscono non agire e stare lì ad aspettare (forse cambieranno idea prima o poi). Ma io credo che, se noi anarchici e anarchiche fanno propaganda tra i lavoratori e le lavoratrici, spingendoli di lottare per i loro diritti al lavoro, e' giusto che anche noi lottiamo quando siamo noi le vittime.

Ho bisogno di idee e forse una collaborazione internazionale potrà in questo caso avere degli effetti positivi. Forse ci sono degli strumenti che si possono usare contro il PRT in Italia.

Pur essendo un partitino marginale con problemi di soldi, sono convinta che vorrebbero continuare ad sembrare "lottatori per la democrazia e i diritti umani".

Mosca, via email


da Alternativa Libertaria - settembre 2005, foglio telematico della FdCA