SQUATTERS 

 

Quella tra la fine di marzo e l’inizio di aprile sarà ricordata in Italia come la settimana degli squatters. Improvvisamente tutto il paese è stato portato a conoscenza dell’esistenza di queste tribù di scalmanati, dal nome suggestivo (ci hanno persino spiegato che deriva dall’antico linguaggio indiano, coloro che si accovacciano per terra) e dall’aspetto e dalle pratiche così inquetanti. Brutti, laceri e cattivi, naturalmente, e soprattutto violenti, di quella violenza dissennata e nichilista che nasce dritta dritta dalle esperienze più deteriori dei pur brutti anni settanta, o, per i progressisti, dalle periferie degradate delle metropoli, in cui il "disagio giovanile" si esprime quasi darwinamente nel nascondersi nelle rovine post-industriali a battere furiosamente su vecchi bidoni di lamiera ritmi tribali, con conseguenze irreversibili e devastanti sulla mente e sulla psiche dei poveri deviati. Sono anarchici, naturalmente, o autonomi, tanto è uguale, l’importante è che sono marginali, per sfiga secondo i comprensivi, lombrosianamente per gli altri, per quelli che "ma andassero a lavorare".

Improvvisamente queste orde nascoste si rovesciano fuori dalle loro tane, in cui vivono in condizioni promiscue, tra cani e sporcizia, e naturalmente, abbacinati dalla luce del sole e dal mondo civile che avevano quasi dimenticato, aggrediscono addirittura i giornalisti. Pazzi, non sanno che sono loro (i giornalisti, naturalmente) a raccontare la realtà, a crearla, per tutti quelli che stanno dall’altra parte dello schermo, per quelli che non sanno e che hanno il diritto di essere informati, che hanno bisogno che qualcuno gli spieghi la realtà ma che gliela porga in piccoli bocconi premasticati e facili da digerire, pardon da interpretare.

E allora, giù a spiegare: si riconoscono perché hanno la cresta (certo, se tutto ciò fosse successo giusto qualche mese fa si sarebbe potuto fare un po’ di colore con piercing e tatuaggi, ma che sfiga, abbiamo appena finito di spiegare che la body art è trasgressiva ma di tendenza), sono contro lo stato che non gli da lavoro, se stavano a lavorare in fabbrica non avevano tutti questi grilli per la testa, picchiano le mamme ma liberano le cavie usate per gli esperimenti, ce l’hanno con i giudici perché sono incapaci di convivenza civile, e soprattutto mettono le bombe sotto i tralicci dell’alta velocità. Come sarebbe a dire, tutto questo casino, la post modernità, il cyber, la Rete Madre di tutte le Reti, la globalizzazione, e siamo ancora al vecchio cliché dell’anarchico che butta le bombe?

Cosa ci volete fare, così la gente capisce meglio.

Lia Didero

Da Alternativa Libertaria, giugno 1998