LIBERA-MENTE

 

L’educazione libertaria è spesso associata ad esperienze autogestionarie di tipo pedagogico o di tipo comunardo.Nella stessa colonia "La Cecilia" era prevista la scuola libertaria, anche se Giovanni Rossi deve ammettere che "[...] la scuola per i bambini [è] aperta un po’ saltuariamente. Istruzione, musica, teatro, balli, non ci sono stati ancora possibili. Il lavoro produttivo ci ha assorbiti interamente". Era il 1890.

Trenta anni prima de "La Cecilia" c’era stata l’esperienza della scuola antiautoritaria di Jasnaja Poljana creata da Tolstoj e quasi contemporaneamente, tra il 1880 ed il 1894, Paul Robin aveva trasformato l’orfanotrofio comunale di Cempuis in un’esperienza di educazione libertaria.

Le idee di Godwin e di Fourier trovavano le loro prime applicazioni.

Il ‘900 si apre con la famosa esperienza delle "Scuole Moderne" di Francisco Ferrer, fermate manu militari nel 1909 in Spagna, ma poi proseguite numerose in diversi paesi europei e non.

E proprio nel Brasile, dove anarchici ed emigrati italiani avevano sperimentato "La Cecilia", nascono esperienze di educazione libertaria spesso ispirate dagli stessi ex-coloni: nel 1896 un centro di formazione razionalista per adulti a Porto Alegre, ad Agua Blanca una scuola ispirata a Ferrer fondata dai vetrai, a Sao Paulo una libera università e nel 1909 una Scuola Moderna Ferrer, e poi a Rio de Janeiro, Santos, Sorocada, Campinas, e dietro ogni scuola ci sono i lavoratori italiani e brasiliani ed i loro primi sindacati.

Vale la pena di leggere il programma della Scuola Moderna di Sao Paulo:

  1. Insegnare bene e insegnare presto

  2. Dedurre dall’esperienza, costante e controllata scrupolosamente, il miglior metodo d’indagine psicologica, per valutare al loro giusto titolo le capacità mentali degli alunni: percezione, ritenzione, riflessione, associazione e deduzione.

  3. Escludere dall’insegnamento tutte le superfluità e tutte le menzogne.

  4. Sostituire al programma unitario, di classe, il dispositivo: ad ogni alunno in ragione delle sue attitudini.

  5. Diradare il più possibile le nebulosità del misticismo e del giacobinismo che avvolgono i concetti fondamentali di universo, vita, storia.

  6. Rivedere la morale corrente, denunziare le lacune e le mostruosità.

  7. Stimolare all’operosità feconda, accendere sentimenti di ripugnanza verso il male, l’abuso, la violenza.

Era solo il 1909! L’anno in cui viene ucciso Ferrer.

Negli stessi anni Sebastian Faure sperimentava l’educazione libertaria nella scuola "La Ruche", fuori Parigi. Si concluderà alle soglie della Prima Guerra Mondiale, nel 1914.

Così, in quasi 50 anni, le esperienze autogestionarie di educazione libertaria si intrecciano con i primi passi del movimento internazionale dei lavoratori e delle lavoratrici, attraverso l’associazionismo sindacale e la riflessione di numerosi esponenti del movimento anarchico.

La "pedagogia libertaria" era quindi matura per darsi un suo statuto caratteristico, dei punti fermi irrinunciabili ed indisponibili, come si direbbe oggi.

In sintesi, eccone i principi:

  1. educazione libertaria

  2. istruzione razionale e scientifica

  3. coeducazione dei sessi

  4. rapporto libertario ed egualitario fra docente ed allievo

  5. trasmissione universale e sociale del sapere.

Ma, se sui principi l’accordo è totale, il dibattito all’interno del movimento anarchico italiano sulle esperienze autogestionarie di educazione libertaria si accende e coinvolge i più noti militanti dei primi vent’anni del secolo.Le scuole libertarie aiutano la rivoluzione sociale o le sottraggono risorse ed energie? Educano veramente alla libertà di pensiero, come vuole l’anarchismo? E che fare delle scuole pubbliche?

Si tratta di un dibattito che dai primi anni ’10 fino agli anni ’30, con punte particolarmente vivide durante l’esperienza delle "Scuole Moderne" di Ferrer e soprattutto dopo la sua fucilazione, chiamerà in causa Luigi Fabbri, Errico Malatesta, Camillo Berneri, Luigi Molinari ed altri esponenti del movimento anarchico italiano.

La posta in gioco è alta: non basta l’educazione – sia pure libertaria - a fare o a preparare la rivoluzione sociale; le scuole libertarie non devono cadere per gretto ateismo o dogmatismo scientifico in un anarchismo confessionale o preda di "[…]massoni senza ingegno e anarchici senza cultura…" (C.BERNERI, in PAGINE LIBERTARIE, 1935); si tratta di estendere la scuola "[…] primaria dove ancora malgrado le leggi è ignorata o di epurarla dal virus clericale, laicizzandola" (L.FABBRI in IL PENSIERO, 1907).

Se Malatesta dava la priorità alla rivoluzione sociale e Fabbri - pur riconoscendo l’onestà dei tentativi di scuole libere - non dimenticava gli interessi proletari in gioco nelle scuole pubbliche, Berneri chiedeva che fossero pedagogisti veri coloro i quali volevano occuparsi di educazione libertaria ed invitava la scuola ferreriana di Clivio (Varese) a nominare un comitato di gestione formato da competenti.

Nel dibattito si levavano anche voci con proposte che oggi ci suonano familiari e che testimoniano del livello avanzato della riflessione sui temi pedagogici: nel 1910 D. Zavattero auspica la costituzione di una sorta di rete di istituzioni popolari che si occupino di educazione e di formazione, nel 1908 E. Meyer invita ad un’educazione alla mondialità, nel 1914 E. Di Ravasca vuole scuole comunali, piccole e libere, non più scuole statali, in cui il controllo popolare è maggiore, ed infine Molinari, precursore delle Università Popolari.

Il fascismo, la 2^ Guerra Mondiale mettono fine alle esperienze di pedagogia libertaria intrecciate con le sorti del movimento operaio e libertario.

Tuttavia i principi della pedagogia libertaria vengono ripresi nell’esperienza della scuola di Summerhill in Inghilterra nel 1921, fondata da A. Neill e proseguita oltre la sua morte nel 1973.

Gli stessi principi ritornano nella pratica educativa nel movimento delle "Free Schools" in USA negli anni ’60 o nelle "Freie Schulen" in Germania negli anni ’70, nella "Comunidad del Sur" in Uruguay negli anni ’50, nell’esperienza di Paulo Freire nel Brasile contemporaneo, nelle teorizzazioni dei "descolarizzatori" (Illich, Richmond, Reimer…); e di noti pedagogisti italiani come la Montessori, Tina Tomasi, Visalberghi, Borghi, nonché nella lunga esperienza del movimento internazionale di "cooperazione educativa", fondato dal francese Célestine Freinet e tuttora attivo.

I principi della pedagogia libertaria giungono così intatti e dirompenti alle soglie degli anni ’70 ad ispirare le tante esperienze di educazione antiautoritaria e popolare che si faranno strada nella scuola pubblica, negli asili e nei doposcuola autogestiti dai comitati di quartiere. Per non restare solo teoria, per inverarsi nella contemporaneità, per rinnovare i legami irrinunciabili con i soggetti sociali a cui è destinata, l’educazione libertaria si dissemina nel grande laboratorio della scuola pubblica per portarvi contraddizioni, nuove soluzioni, un segno evidente di alternativa possibile nella pratica educativa. 

Donato Romito

Da Alternativa Libertaria, giugno 1998