NUDI alla META

 

In questi ultimi tempi assistiamo a manifestazioni che invocano più occupazione utilizzando lo stesso slogan "riduzione oraria". L'adesione al trattato di Maastricht si configura come lo strumento "legale" per introdurre in tutta Europa il neoliberismo (selvaggio). Tutti i paesi firmatari hanno propagandato questa adesione come un atto di progresso e civiltà per il superamento non solo delle barriere economiche ma anche etnico culturali. Naturalmente tutto ciò ha un prezzo che va pagato: il neoliberismo appunto.

Utilizzando tutti i mezzi d'informazione i Governi tutti hanno inculcato alla gente le necessità e la giustezza di questo sacrificio, paventando disastri immani nel caso che il proprio paese non potesse entrare a far parte di questa "associazione" entro il termine fissato (1999). Sono cominciate così le grande manovre : dall'accordo con i sindacati per ottenere una maggiore flessibilità e produttività dei lavoratori, privatizzazioni delle aziende pubbliche. Se qualcuno provava a protestare la parola magica veniva pronunciata: Maastricht.

All'avvicinarsi della scadenza fissata ci si è resi conto di quanto i criteri per l'ingresso nella moneta unica fossero troppo stretti per tutti i paesi. I sacrifici e i tagli imposti cominciano a fare si suoi effetti non solo sui bilanci degli stati membri ma anche sulla popolazione attiva e non. In ogni singolo paese si sviluppano delle lotte volte a migliorare le proprie condizioni economiche/sociali; lotta dei camionisti in Francia e Spagna per la pensione a 55 anni; gli statali tedeschi. Insomma in questi paesi si comincia a rendersi conto di cosa veramente si nascondi dietro la parola Maastricht: disoccupazione sempre più alta a seguito di spostamento di lavorazioni e impianti verso paesi con mano d'opera a basso costo (es. UBS ha spostato tutto il suo settore informatico in India); maggiori lavori dati in appalto senza controllare se le norme di sicurezza sono rispettate; maggiore flessibilità e maggiore ricatto per i lavoratori rimasti.

Comunque i lavoratori cercano di far valere i loro diritti, si organizzano. In questo fermento europeo l'Italia si distingue per la TOTALE assenza di opposizione alla logica neoliberista. I Governi che si sono succeduti ed anche questo, hanno l'appoggio totale e incondizionato del PdS e dei Sindacati . Questo totale appiattimento sulle politiche neoliberiste di questa cosiddetta sinistra hanno impedito il formarsi di movimenti di lotta capaci di contrastare queste logiche, di fare un sorta di controinformazione.

Notiamo che gli intellettuali hanno preso posizione non dicendo assolutamente niente su ciò che sta accadendo. In Francia , all'indomani della presentazione del progetto di legge per gli immigrati, il mondo intellettuale francese ha fatto un manifesto che è servito come punto di riferimento alla popolazione ed è sfociato in una grande manifestazione; manifestazione di cui il Juppé ha dovuto tenere conto. La scadenza della moneta unica si avvicina sempre di più e sempre di più appare chiaro ai Governi che i tagli allo stato sociale devo essere molto più ampi e decisivi come nella forte Germania che comincia a rendersi conto che per restare dentro i parametri devo tagliare una grossa fetta di stato sociale come l'indennità di disoccupazione.

Ma questa chiarezza comincia a farsi strada anche fra i lavoratori. Negli altri paesi le lotte sono ripartite e la manifestazione di Parigi è emblematica. Non più lotte o manifestazioni a difesa del proprio orticello, ma iniziative di dimensione internazionale sullo stesso problema (nel caso di Parigi i licenziamenti della Renault in Francia e Belgio). Alla manifestazione di Parigi non partecipano solo i paesi interessati ai tagli occupazionali ma anche chi da questi ha da guadagnarci come gli spagnoli; ci sono i dipendenti della Volvo, della Volkswagen (concorrenti): domani potrebbe toccare a loro. Tutti questi lavoratori sanno che le politiche portate avanti dai rispettivi governi è un problema di tutti e così costituiscono un comitato internazionale con il compito di verifica della situazione e organizzatore di lotte e manifestazioni.

E l'Italia dov'è? Cosa fa?

Elegge D'Alema segretario con l'88% con il mandato di finire di massacrare quello che resta dello stato sociale; reclama il lavoro interinale e le gabbie salariali consentendo così ai padroni maggiori profitti e meno diritti ai lavoratori; concede agli industriali di non rispettare gli accordi firmati (anche se pessimi) come nel caso del rinnovo del contratto dei metalmeccanici dove si chiedeva, fra le altre cose, il recupero dell'inflazione come previsto nell'accordo del luglio '93; annuisce consenziente a chi gli propone più lavoro e meno salario perché necessario a recuperare competitività (nei confronti della Corea del Sud visto che non siamo assolutamente i più "cari" d'Europa); gode per l'equiparazione contrattuale del pubblico a quello privato (badate bene non il contrario); diventa broker per farsi una pensione (privata); accende discussioni interminabili su chi sia meglio in attacco se Zola o Ravanelli; s'indigna agli errori nell'estrazione della lotteria; "capisce" che così non si può più andare avanti se si dà la pensione a tutti o si tutela troppo il posto di lavoro; dimentica gli slogans, le lotte e i personaggi degli anni '/0; giornali e media in genere ignorano qualsiasi dato sullo stato assistenziale italiano (il più basso di Europa) e contemporaneamente ne sostengono il taglio; pur di entrare in Europa si è disposti a dire qualsiasi cosa, negare qualunque dato statistico o indicatore economico; è vietato dibattere il nostro ingresso nella moneta unica, evidenziarne i futuri disastri, già visibili oggi come la crescente disoccupazione, ignorare iniziative tese a marcare questo problema sempre crescente perché ciò creerebbe insofferenza agli industriali ed ai loro lacchè; insomma si vuole fare un salto di "qualità"; salvo poi fare una manifestazione per il lavoro, di sabato, per non disturbare nessuno, utile più ai vertici sindacali che ai lavoratori stessi.

Se vogliamo entrare in Europa sarebbe opportuno che si entrasse anche nell'ordine di idea che è necessario variare i criteri d'ingresso che non possono essere meno occupazione e più profitti ed agganciarsi di più alle organizzazioni di quei paesi che hanno già cominciato a muoversi. In Italia, parafrasando uno slogan si potrebbe dire che la rivoluzione russa e russa bene.

enrico paganini


Articolo da Alternativa Libertaria - maggio 1997