Legge paritaria pubblico/privato:

un quadro inquietante degli interventi sulla scuola italiana

 

Com'è noto assicurare ai cittadini un sistema di istruzione attraverso scuole di ogni ordine e grado è, secondo la Costituzione repubblicana, compito dello stato. Naturalmente questo non significa sistema educativo unico statale poiché, testuale, - inizio a citare i vari commi degli art. 33 e 34 della Costituzione che regolano tale rapporto " L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento". Sul sistema che riguarda l'istruzione comunque - cito sempre - "La repubblica detta le norme generale sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi", notare per tutti gi ordini e gradi, vedremo dopo quanto è importante questo fatto.

I privati hanno comunque possibilità di entrare nel sistema educativo: "Enti privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato", ecco il paragrafo importante, - senza oneri per lo Stato.

Lo Stato, pur lasciando libertà ad enti privati- enti d'impresa, morali, religiosi, che siano, deve però garantire l'uguaglianza di trattamento dei cittadini e quindi prescrive "La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà a ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali".

Fra gli interventi sulla scuola previsti dall'attuale ministro c'è quindi anche quello di dare attuazione a questo sistema di compresenza di settore pubblico e settore privato nell'ambito del sistema dell'istruzione, un intervento che per ora si presenta per lo meno inquietante.

La commissione per "la legge paritaria pubblico /privato" ha prodotto un testo conosciuto come documento D'Amore estremamente preoccupante. In un momento nel quale partiti e mass media di varia tendenza tartassano l'opinione pubblica e le tasche del cittadino con il leit-motiv del meno Stato, della diminuzione delle spese statali per i motivi che tutti conosciamo, la commissione propone il superamento del sistema a due binari, pubblico da una parte, privato ma "senza oneri per lo Stato" dall'altro che, con tutte le eccezioni delle " scuole a sgravio", è in funzione da tempo.

Naturalmente tutti si aspetterebbero che questo sistema sia superato con ulteriori tagli a tutti due, pubblico, ma soprattutto privato. No, la proposta prevede di allargare il finanziamento al sistema privato superando il doppio binario pubblico/ privato, istituendo un "sistema educativo integrato", "un sistema educativo in cui pubblico e privato si integrino in un sistema unitario governato da norme comuni ed in cui le diverse parti, indipendentemente dalle origini, assolvono a una funzione pubblica..", "la scuola privata si apre alla scuola di tutti ed il servizio scolastico pubblico a sua volta fa spazio ad apporti non più ghettizzati". "la scuola privata che richiede di aderire al sistema educativo integrato perde la sua natura di scuola di parte.

Cessa cioè di essere un segmento separato del sistema educativo in contrapposizione alla scuola pubblica di 'tutti' per assumere il ruolo di una situazione educativa che garantisce una fondamentale libertà di scelta fra opzioni pedagogiche diverse, e concorre con la sua inconfondibile originalità al raggiungimento degli obiettivi e degli standard fissati dallo Stato. E' parte di un sistema unitario, uno degli attori del sistema, non una agenzia di una parte impermeabile agli apporti espressi dalla comunità e tantomeno delle libertà degli altri".

Le motivazioni addotte a questa operazione che porta necessariamente al finanziamento della scuola privata, sono senz'altro scarse, perché il confronto fra culture, concezioni pedagogiche diverse nella nostra società è ancora garantito da un sistema democratico, che ha alla base una costituzione fra le più aperte d'Europa, da un controllo attraverso la formazione di un sistema legislativo che se funzionante garantirebbe la partecipazione di tutti, da un sistema di reclutamento del personale basato sulla professionalità e non discriminante per nessuna opinione né confessionale, né ideologica.

Sorge allora spontanea la domanda del perché, in un momento in cui si parla di tagli alla spesa pubblica e se ne operano di sostanziosi anche nel settore dell'istruzione, si senta la necessità di allargare il finanziamento alla scuola privata. Per cinquant'anni, nonostante che tutti i ministri che si sono succeduti fossero democristiani non sono riusciti a intaccare quel comma dell'art. 33 cost. che parla di parità delle scuola private "senza oneri per lo Stato". I costituenti conoscevano bene la storia dei rapporti chiesa stato in Italia e si erano voluti cautelare dall'ingerenza in particolare del Vaticano nella formazione del futuro cittadino, offrendo però un tipo di scuola pluralista sia nella formazione che nella partecipazione. Per quanto i governi democristiani abbiano cercato sempre di indirizzarne le scelte attraverso una marea di circolari, c'è un'impalcatura che rende il sistema dell'istruzione in Italia sufficientemente solido nella sua, possiamo dire con una parola di moda, multiculturalità.

Credo che la parte finale del documento sul reclutamento del personale ci apra uno spiraglio nella comprensione degli scontri e degli accordi fra le parti in gioco. Su questa parte il documento registra addirittura tre opzioni (quale spirito di confronto!!). Così recita la parte sul reclutamento: "Fermo restando che i requisiti professionali richiesti agli insegnanti di ogni ordine e grado (dei vari tipi di scuole dello Stato, delle Regioni, degli Enti locali, delle istituzioni private) devono essere gli stessi i criteri per il reclutamento possono variare oppure essere analoghi. E' questo uno dei punti più controversi, per cui vengono quindi indicate tre proposte in alternativa:

Proposta Reguzzoni: concorsi per cattedra delle singole scuole come quelli in vigore nelle Università (v. contributo specifico del proponente).

Proposta F.I.D.A.E.: chiamata nominativa degli insegnanti da parte dei gestori delle scuole private, indipendentemente dalle graduatorie di merito.

Proposta CIRSES: doppie graduatorie provinciali; una graduatoria per gli insegnanti disponibili solo per prestazioni nelle scuole pubbliche; una seconda graduatoria per insegnanti disponibili anche per prestazioni anche nelle scuole private, che dovranno essere esplicitamente indicate".

Tutte tre le proposte, come si vede, garantiscono alla scuola sia pubblica che privata la possibilità di disporre di personale non solo indirizzato ideologicamente e più affine al manager che dirigerà uno dei due tipi di scuola, ma anche dal punto di vista normativo degli insegnanti fortemente influenzabile poiché personale ricattabile per l'assunzione. Tutto ciò limiterà di fatto non solo una serie di diritti sindacali acquisiti, ma un diritto fondamentale che aveva una forte valenza nella scuola pubblica, la libertà d'insegnamento, garanzia, insieme alle normative generali di funzionamento della scuola dettate dal Parlamento, della pluralità ideologica che è anche palestra di formazione alla democrazia per i giovani all'interno del sistema educativo.

Di fatto si riconoscerebbe con le proposte che stiamo esaminando, una specie di identità ideologica di ciascuna scuola - non solo della scuola privata confessionale, o ideologicamente o pedagogicamente orientata, ma, con l'avanzare del sistema dell'autonomia, un'identità ideologica legata anche alla logica del mercato e dell'impresa con un "addestramento" ultraprecoce all'inserimento nel mondo del lavoro dei ragazzi, invece che una formazione globale, complessiva, capace di aprire possibilità di decisioni critiche sia nella vita sociale che in quella lavorativa. Quest'ultimo è forse l'aspetto meno indagato e più inquietante.

D'altra parte si vede anche su altri punti qualificanti dell'azione politica come il rispetto delle "regole democratiche" non sia il punto forte di questo governo e neppure del PDS. Basta vedere il comportamento di Scalfaro, Prodi e del PDS sulla questione del rientro dei discendenti dei Savoia, della pacificazione nazionale, dell'accettazione dei fascisti nelle istituzioni democratiche. Ci sono sfumature fra di loro, ma sono appunto sfumature e chi osa di fronte a questi problemi parlare di antifascismo, di richiamo alla ricostruzione della memoria storica come denuncia degli orrori di nazismo e fascismo, è accusato di voler innalzare steccati non più realistici.

Anche nel settore della scuola far passare un disegno come quello che delinea la proposta della commissione D'Amore sarebbe difficile se ci fosse un forte movimento garantista, poiché l'art. 33 Cost che parla di nessun onere finanziario per lo stato non solo non è stato ancora abrogato, ma è fra quelli difficilmente abrogabili poiché non è oggetto dei lavori della Bicamerale.

A dimostrazione di tutto ciò si veda l'ordinanza del TAR dell'Emilia Romagna che ha rimesso all'esame alla Corte Costituzionale per violazione dell'art. 33 della Costituzione una legge regionale dell'Emilia Romagna- regione pilota nei rapporti fra cattolici e PDS - che finanzia la scuola materna cattolica e privata con una logica che anticipa le scelte ministeriali.

Anche alla luce di questo precedente non è per niente esagerato, ma realistico leggere la proposta di legge sulla parità pubblico/privato alla luce di alcuni aspetti del riordino dei cicli che abbiamo appena sentito illustrare.

Il primo aspetto che credo vada discusso è quello della spesa per una riforma scolastica che non può avvenire a costo zero, come prospettato. Già questo pone dei forti dubbi sull'operazione di spostamento di risorse verso la scuola privata, anche se ne cambierebbe la natura attraverso un sistema di regole da rispettare (quanto poi, con che controlli è da vedere!).

C'è poi uno dei punti qualificanti della riforma, quello dello spostamento a cinque anni dell'inizio della scuola che va valutato attentamente. Di per sé è senz'altro un punto qualificante, non solo perché l'entrata nella scuola, l'uscita dalla famiglia a cinque anni corrisponde ormai a un'esigenza riconosciuta, ma anche perché fra i vari gradi di scuola in Italia quella materna è senz'altro una delle migliori. Ma un'altra cosa è fare un anno in un sistema educativo che è articolato in tre anni o farlo condensato, sa tanta dell'odiata primina.

Nel nuovo sistema scolastico riformato il primo anno i bambini dovrebbero frequentare l'ultimo anno della scuola materna, dunque; e va bene; il problema è che sappiamo bene che la scuola materna in Italia è largamente insufficiente ed è gestita nella misura del 40% da scuola private a maggioranza confessionali, appartenenti alla Chiesa cattolica.

Il ministro ha sempre detto che intende far passare tutto il pacchetto di interventi sulla scuola, si suppone quindi che in mancanza di finanziamenti alla scuola pubblica, si intenda finanziare col nuovo sistema educativo integrato quel settore della scuola materna privata. Non solo, ma vi immaginate quanti bambini da un primo anno di scuola privata passeranno poi a quella cosiddetta pubblica?. O meglio quanti continueranno a restare nel sistema privato, confessionale, disincentivando quindi il bisogno di spesa pubblica per le scuole private e incentivando quello per le scuole private?

Se questo sono - come si affanna a spiegare anche il documento D'Amore - "le nuove tendenze in Europa", addirittura della laicissima Francia, c'è di che preoccuparsi.

Tutto in nome di un realismo basato su un'analisi economica e politica nella quale il ruolo dello sviluppo delle forze produttive capitalistiche è assunto come obiettivo anche della ex sinistra comunista ora semplicemente democratica.

Se l'istruzione è, come recita la Costituzione, "un diritto e una conquista" si preparano tempi difficili per realizzasse questo diritto, a meno di non aderire totalmente alla logica del mercato e delle leggi del capitalismo, che prevede fin dalla nascita e nel sistema "formativo", non più educativo, un processo costante di differenziazione e acquisizione di valori non universali e legati al concetto di individuo sociale ma di individuo produttivo.

Che dire? Siate realisti, chiedete l'impossibile, come diceva la sinistra ai tempi delle contestazioni operaie e studentesche del '68-69.

adriana dadà


Articolo da Alternativa Libertaria - maggio 1997