IL COMPROMESSO SCOLASTICO

 

Si ama dire che la storia si ripete. In una prima fase assume le caratteristiche della tragedia e poi si presenta come farsa.
Possiamo dire che questo è il caso tipico della proposta di riforma della scuola voluta da Luigi Berlinguer; il suo più noto cugino concepì il "compromesso storico" come occasione di incontro tra cattolici e comunisti per assicurare una nuova gestione del paese e il rinnovamento delle istituzioni. Il suo illustre cugino - divenuto ministro - intenderebbe realizzare sotto le fronte dell'ulivo un meno nobile incontro di interessi tra cattolici e pidiessini (querciaroli eredi in linea diretta dei comunisti italiani), complice la crisi dello stato sociale i valori del neoliberismo all'italiana.

Da qui la proposta di riforma dei cicli scolastici che come uno dei punti qualificanti prevede lo spostamento a 5 anni dell'inizio della scuola dell'obbligo. Ciò malgrado il primo anno i bambini dovrebbero frequentarlo nelle strutture della scuola materna che come tutti sappiamo in Italia è largamente insufficiente ed è gestita nella misura del 40% circa da scuole private a maggioranza confessionali, appartenenti alla Chiesa cattolica.

Il perché della proposta del ministro è presto detto. Egli vuole consolidare l'alleanza all'interno dell'ulivo tra "laici" - pardon tra pidiessini - e cattolici aggirando, grazie a motivi di necessità e d'urgenza, il disposto dell'art. 33 III comma della Costituzione che vieta ogni finanziamento statale alla scuola privata.

Se la riforma dovesse passare infatti il solo modo per consentirne l'attuazione sarebbe instaurare un regime convenzionale tra lo Stato e le scuole private cattoliche, configurando il rapporto all'interno della tipologia già esistente, cosiddetta delle "scuole a sgravio". Esse sono quelle scuole che, supplendo alle carenze del sistema di formazione articolato su scuole gestite dallo Stato, vengono finanziate completamente con fondi pubblici in quanto svolgono in modo indiretto un servizio pubblico essenziale.

In questa situazione si troverebbero le scuole private cattoliche con grande beneficio dei loro bilanci, da tempo in rosso ed afflitte da una diminuzione di "clienti" al punto che negli ultimi anni si è assistito alla chiusura di molti edifici.

TRASPARENZA ED EDUCAZIONE ALLA DEMOCRAZIA

Da parte pidiessina non si nega l'intento di finanziare la scuola privata cattolica ma si sostiene che questo è lo strumento per indurre ad accettare costumi "democratici". Infatti allo Stato spetterebbe il compito di dettare i criteri generali dell'istruzione e quindi anche porre le condizioni alle quali le scuole private cattoliche potrebbero chiedere ed ottenere il finanziamento pubblico. Pertanto, attraverso questa strada si stabilirebbero controlli statali sui programmi e soprattutto sulla vita interna delle scuole cattoliche, sullo stato giuridico degli insegnanti, sull'accettazione di forme di rappresentanza e democrazia interna.

Queste pretese dirigistiche snaturerebbero in larga misura l'autonomia delle scuole private e di ciò si è accorto il Pontefice il quale rivendica per la scuola privata cattolica il finanziamento senza condizioni. Ma il Ministro insiste sostenendo che in tutta Europa - anche nella laicissima Francia - si va verso il finanziamento delle scuole private confessionali e si lavora alla costruzione di un sistema integrato pubblico-privato di servizio scolastico. E' questa la nuova e trionfante filosofia neoliberista che tuttavia e significativamente non si basa sulla concorrenza ma sul finanziamento statale.

AUTONOMIA DELLA SCUOLA E PRIVATIZZAZIONE

Ma accanto al finanziamento alla scuola cattolica il Ministro ammannisce dell'altro. Da una interpretazione dell'autonomia scolastica accentuandone gli aspetti neoliberisti.

Certamente il sistema scolastico a gestione centralistica ha fatto il suo tempo e i Provveditorati agli Studi non sono un modello di efficienza e di democrazia. E tuttavia l'istituto non viene superato ma si aziendalizzano le singole scuole, mettendole in concorrenza tra loro, modificando contemporaneamente i cicli scolastici e l'articolazione dei percorsi formativi.

In pratica già alla fine della scuola elementare divenuta di 6 anni i bambini, ovvero le loro famiglie sono indotti a scegliere percorsi formativi individuali. L'anticipazione di questa scelta abbassa la soglia comune di istruzione diretta indiscriminatamente a tutti i cittadini senza che ci sia invece il necessario intervento per il recupero dell'elusione scolastica.

Dislocazione degli istituti scolastici sul territorio, trasporti per recarvisi, tempi di lavoro dei genitori e soprattutto il reddito familiare in rapporto alle tasse scolastiche da pagare saranno i veri parametri di scelta dei percorsi formativi, con uno spostamento della selezione agli 11 dodici anni e una generale regressione culturale del paese.

Se poi si tiene conto della accentuazione della licealizzazione dell'Università e dello sventagliamento della formazione universitaria tra diplomi, lauree e formazione postlaurea di specializzazione ben si capisce l'estrema frammentazione del sistema formativo che si vuole introdurre.

UNA SCUOLA DI CLASSE PER UNA SOCIETÀ DI CLASSE

La caratteristica essenziale dell'attuale sistema formativo era quello di tendere ad una irrealizzata unità e ad una ricomposizione dei saperi. La critica della sinistra al sistema formativo e scolastico italiano era sempre stata quella di non dare la necessaria importanza a questo aspetto essenziale del sistema ed anzi si chiedeva con forza l'introduzione di una visione critica dei programmi di studio.

In una parola si affermava l'importanza del metodo critico e si dava priorità all'assimilazione del metodo di studio e di ricerca per potere poi seguire percorsi autonomi formativi.

Questa scelta aveva tra l'altro - ove praticata - una ricaduta positiva nel rapporto tra sistema formativo e mercato del lavoro in quanto consentiva una utilizzazione dei laureati nel mercato del lavoro estremamente duttile. In possesso di una buona formazione di base molti e disponibile a misurarsi con l'innovazione dei processi produttivi.

L'innovazione da introdurre era quella di accentuare l'uso del metodo critico, la capacità di analisi, il possesso delle nuove tecniche di indagine, un accesso generalizzato all'informatica, l'introduzione di una maggiore elasticità nella scelta di autonomi percorsi formativi.

E invece si è scelto di incidere sui contenuti, di svecchiare la scuola attraverso i programmi e la specializzazione, introdotta anzitempo, costruendo molti saperi, piccoli piccoli, tra loro non comunicanti dove ad una apparente flessibilità dei percorsi formativi corrisponde una rigidità sociale di essi imposta dalle condizioni materiali dello studente che non rimangono immutate, anzi si aggravano.

La scuola disegnata da Gentile era pessima e carente, quella disegnata da Berlinguer rischia di esserlo altrettanto. Il Ministro ulivista si misura solo con i suoi consiglieri, con personaggi eminenti da lui individuati, con esperti suoi, e sfugge ogni confronto con il sociale e con gli organismi di rappresentanza della scuola - sindacati, studenti, insegnati, famiglie.
E se fa degli incontri pubblici se li prepara in un gioco di democrazia programmata che segue le collaudate regole della società dello spettacolo.

COSA FARE

Innanzi tutto spiegare, spiegare e spiegare. Far capire a tutti le implicazioni e le conseguenze profonde del progetto, mobilitare le forze presenti nella scuola, costruire alleanze sia sul piano culturale che politico. Da qui la nostra adesione a tutti quei comitati che sotto varie denominazioni si propongono anche semplicemente l'apertura di una discussione su queste tematiche.

E poi lotta senza quartiere al finanziamento della scuola privata cattolica, in tutti i modi e con tutti i mezzi. In questo senso è un segnale positivo quello che viene dal TAR di Bologna che ha impugnato davanti alla Corte Costituzionale una legge regionale dell'Emilia Romagna - fortemente voluta dal PDS - che finanzia la scuola materna cattolica con una logica che anticipa le scelte ministeriali.

Sarebbe, al di la dell'uso dello strumento giuridico, un segnale importante che potrebbe ridare fiato a quelle forze esistenti ma eccessivamente silenziose che non condividono il progetto del Ministro.

E poi, siamo convinti che da cosa nasce cosa. Abbiamo vissuto già la tragedia di un ministro della Pubblica Istruzione fascista che ha marchiato la scuola italiana per 74 anni; faremmo volentieri a meno della farsa di un ministro PDS-ulivista che una la scuola per un patto di potere scellerato a danno di intere generazioni e che ha dimenticato che l'istruzione è "...un diritto e una conquista".

gianni cimbalo


Articolo da Alternativa Libertaria - maggio 1997