Gli anarchici e la resistenza al fascismo -2
L'ANTIFASCISMO È FINITO?

 

In quest'anno di celebrazioni del cinquantenario della Resistenza, abbiamo assistito troppo spesso ad uno stravolgimento dei valori per i quali migliaia di militanti antifascisti hanno combattuto e sono morti durante il regime fascista e nella guerra di liberazione dal nazifascismo. Il massimo dell'assurdità è stata la proposta avanzata da più parti di…mettere una pietra sul contrasto fascismo/antifascismo, fenomeno storico ormai sorpassato, in nome di un processo di identificazione con gli interessi nazionali, che sempre più stanno diventando sia per la destra che per la sinistra istituzionale quelli dello sviluppo del capitalismo.

Rileggere storicamente quali furono le posizioni degli anarchici e le scelte di campo nel combattere il nazifascismo, fin dagli anni '20 e durante la cosiddetta guerra di liberazione nazionale, può servire a ragionare anche per l'oggi e il domani.

Abbiamo visto in un articolo precedente come gli anarchici italiani fossero stati fra i promotori delle lotte unitarie contro il nascente fascismo, sia nelle azioni di massa, con la formazione degli Arditi del Popolo, che in quanto organizzati nell'Unione Anarchica Italiana, che aveva fatto proprio un programma di azione comune fra tutte le forze rivoluzionarie, con la proposta anche strategica, oltre che pratica, di un Fronte Unico Rivoluzionario.

Nonostante le difficoltà pratiche causate dall'espandersi di regimi reazionari in Europa durante il ventennio, gli anarchici restano fra i nemici più attivi del fascismo. Troppo spesso nella pubblicistica anarchica si è indugiato esclusivamente sull'elenco delle azioni eroiche (attentati al Duce) e sulle vittime del fascismo prima e del nazismo poi, per aver bisogno di tornarci sopra. Anzi, possiamo dire che in questo cinquantenario abbiamo visto da parte degli anarchici italiani una svolta positiva in questa tendenza all'autocelebrazione, come dimostrano i volumi sull'antifascismo di taglio più storico e documentario, usciti in questo periodo.

Sempre più dagli studi a impostazione storica emerge infatti come in Italia o in esilio, nella clandestinità o durante la vita quotidiana che maschera fin dove possibile un'attività antifascista, gli anarchici ripensano al periodo di battaglie e alle sconfitte, discutono, sperimentano, ad esempio con la partecipazione alla guerra civile e alle realizzazioni collettivistiche in Spagna.

Anche all'estero, nel fuoriuscitismo forzato a cui molti militanti dai più noti come Fabbri ai più oscuri, sono forzati, si discute, si preparano azioni contro il fascismo, dal volantino o l'opuscolo in carta velina per farlo giungere meglio in Italia, a vere e proprie azioni paramilitari o terroristiche.

L'elemento comune del dibattito fra gli anarchici soprattutto nei primi anni di affermazione del fascismo, sarà il ripensamento sulle cause della sconfitta da parte del fascismo, ma anche da parte del bolscevismo in Russia e poi del nazismo in Germania. Ci si interroga sugli errori, sulla necessità di approfondire una strategia che è stata, alla luce dei fatti, perdente. Attraverso questo dibattito si evidenziano sempre di più, soprattutto nel dibattito fra gli anarchici all'estero, due filoni di riflessione che sfociano poi in due tendenze dell'anarchismo che condizioneranno la storia successiva in Italia.

C'è chi come Borghi critica tutta l'esperienza passata, attribuendo alla strategia del Fronte Unico Rivoluzionario, definito smania unionista, la mancanza di incidenza degli anarchici. La svolta che si richiede agli anarchici in Italia e all'estero è quella di evidenziare prioritariamente la loro ideologia in maniera che i loro ideali non siano snaturati da accordi, definiti compromessi, con altre forze antifasciste, e forse, anche con le masse, giudicate troppo arrendevoli e politicamente troppo accondiscendenti agli ideali del riformismo (come se l'Unione Sindacale Italiana di cui era stato segretario non fosse stata una delle organizzazioni centrali di questa strategia unitaria durante il biennio rosso!).

Questo ripensamento che diventa critica di tutta l'azione anarchica nel biennio rosso, si lega naturalmente con quella già avanzata da frange individualiste e antiorganizzatrici che in Italia erano sicuramente minoritarie, ma che ricevono alimento dal periodico L'Adunata dei Refrattari, fondato nel 1923 negli Stati Uniti, proprio con l'intento di disturbare certa armonia teorizzata e valorizzata in famiglia da parecchio tempo di moda, in veste di "Fronte Unico e alleanza del lavoro". Anche nel campo antifascista, L'Adunata si fa portavoce di un nuovo purismo ideologico che, negando l'organizzazione operaia, considerata più d'inciampo all'integrale emancipazione dei lavoratori che agevolazione, valorizza invece l'azione individuale pura ed eroica, senza più possibilità di alleanze di nessun tipo.

L'influenza sull'anarchismo italiano di questa che va caratterizzandosi come una precisa tendenza dell'anarchismo aclassista e antiorganizzatrice è ancora molto debole, anche perché la parte più consistente degli anarchici italiani si inserisce invece in un dibattito che unisce anarchici di varie nazionalità. Già nel 1924-25, anarchici e anarcosindacalisti tedeschi, russi, italiani e francesi danno vita ad un gruppo internazionale che, oltre alle pubblicazioni, si propone un'analisi scientifica della situazione dell'anarchismo ed elabora una specie di inchiesta alla quale collaborano i maggiori esponenti e organizzazioni dell'anarchismo internazionale e che viene pubblicata sulle pagine della Revue Anarchiste Internationale.

Più decisamente il gruppo russo Delo Truda propone a Parigi una riflessione sulle cause della sconfitta dell'anarchismo che, partendo dalla situazione vissuta in prima persona dai compagni russi, individua la causa fondamentale della vittoria del bolscevismo nella carenza di orientamento da parte di un'organizzazione anarchica che facesse punto di riferimento politico aggregando le masse operaie e contadine attorno a una proposta teorica e strategica di conduzione della rivoluzione.

La proposta di una Piattaforma Generale degli Anarchici che viene discussa negli ambienti anarchici parigini da compagni di varie nazionalità ha come scopo di mettere sul terreno della discussione una quantità di problemi inerenti al movimento anarchico, al posto degli anarchici nella rivoluzione, all'organizzazione dell'anarchismo nelle lotte, eccetera, come osserverà Fabbri giustamente.

Anche all'interno, fra quelli che rimasero, come ha scritto Malara, il dibattito si fa dall'inizio acceso e proficuo. Gli anarchici al confino, pur isolati fisicamente, non sono per nulla esclusi dal dibattito che prosegue in Italia e all'estero. Malara, Failla ed altri militanti ci hanno testimoniato della circolazione di giornali, di notizie attraverso appositi corrieri che dalle isole di confino tenevano i rapporti con il continente e con i canali della comunicazione con l'estero. Arrivano così soldi, giornali dagli Stati Uniti e dalla Francia, ma soprattutto circolano nelle due direzioni notizie e dibattiti, nonostante la vigile attività repressiva del fascismo.

La Spagna rivoluzionaria accende le speranze di vittoria sul nazifascismo e dà impulso alle iniziative anarchiche in Italia e all'estero. Chi può partecipa nell'esercito rivoluzionario, nelle sperimentazioni di collettivizzazione nelle aziende agricole e nelle città, alla gestione insomma di una società che coniuga lotta armata contro la reazione e trasformazione in senso comunista libertario della società. Una trasformazione che non nasce solo dalla sperimentazione, ma dalla precedente elaborazione di un programma di ridefinizione della società in senso libertario che gli anarchici spagnoli in particolare hanno messo a punto negli anni che hanno preceduto il periodo rivoluzionario (significativi i deliberati del congresso di Saragozza della CNT).

E' significativo che parallelamente nei convegni di anarchici italiani all'estero che si tengono dal '35 al '39 (dal congresso di Lione per l'Europa a quello di Philadelphia per il Nord America) si discuta della strategia anarchica per aprire una fase rivoluzionaria, ma soprattutto delle linee di trasformazione della società postrivoluzionaria, ed in particolare di quella che con un termine più attuale si chiama fase di transizione verso il comunismo anarchico. Non stupisce pertanto se già al Convegno di Intesa degli anarchici italiani emigrati in Europa che si tiene nell'ottobre 1935, si parli a lungo del programma di ricostruzione della società postrivoluzionaria; l'odg parla di:"Problema del lavoro - La rimunerazione del lavoro - Problema dell'abitazione - I trasporti pubblici - Poste, telefoni e telegrafi - L'intesa con le altre correnti politiche sulle gestione interna - La famiglia,il matrimonio, il divorzio - Schema di tattica insurrezionale (Difesa della rivoluzione, bande armate, difesa nazionale) - L'arte e gli artisti - Ripercussioni degli sviluppi della rivoluzione italiana sui rapporti con l'estero - L'energia elettrica - L'espropriazione delle banche e delle Compagnie di Assicurazione".

Adriana Dadà

da Alternativa Libertaria - maggio 1996, giornale della FdCA