MINISTRO SINISTRO

 


I diversi stadi della divisione del lavoro, sono altrettante forme diverse di proprietà; vale a dire, ciascun nuovo stadio della divisione del lavoro determina anche i rapporti fra gli individui in relazione al materiale e al prodotto del lavoro.
K. Marx , F. Engels, L'ideologia tedesca.

Un sussulto di stupore! La rivoluzione si annida nello sterminato palazzo del Ministero della Pubblica Istruzione in viale Trastevere! Le parole stanno lì, scritte in modo inoppugnabile: In realtà tale distinzione [quella tra "cultura" e "professionalità" ndr] (come quella tra teoria e pratica, lavoro intellettuale e lavoro manuale, ecc.) ha perso molto del suo significato da quando si è cominciato a riconoscere che, di fatto, in ogni livello e in ogni settore della vita lavorativa esistono componenti culturali e professionali.

L'argomento della riflessione è il documento di lavoro sul Riordino dei cicli scolastici messo in circolazione a gennaio del 1997 dal Ministro pidiessino Berlinguer. L'analisi di esso richiederebbe ben più di queste poche righe, perché un merito sicuro l'operazione riveste ed è quello di riaprire un dibattito, languente da troppo tempo, che prenda in considerazione il problema dell'istruzione non settorialmente, ma in una visione organica e, come si dice con parola abusata, complessiva. Occorre, quindi, limitarsi ad un solo aspetto, altamente istruttivo comunque sul come le parole d'ordine storiche della sinistra di classe (tutta, senza distinzione di scuole di pensiero) diventino nelle mani della sinistra di governo grimaldelli per conservare e giustificare lo stato delle cose. Un esempio per tutti: Bruno Trentin, allora rampante segretario della CGIL, produsse con grande sforzo intellettuale un libro negli anni ottanta dal titolo Da lavoratori a produttori, che riecheggiava l'orgogliosa sicurezza di una classe operaia forte, che agli albori del secolo rivendicava la presa di possesso dei mezzi di produzione e la loro diretta gestione nelle proprie mani; il libro invece parlava d'altro e santificava la politica sindacale di svendita salariale, che tanti guasti avrebbe portato al movimento dei lavoratori, per glorificare la famosa prima parte dei contratti, quella sul diritto all'informazione, di per sé giusta, ma usata allora come strumento di consolidamento della burocrazia sindacale e come specchietto per giustificare, con miraggi roboanti sul controllo delle aziende, la sostanziale svendita delle conquiste di un decennio di lotte.

Tornando al tema iniziale, l'integrazione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale è uno dei piatti forti della cucina rivoluzionaria da sempre, verrebbe da dire che è il parametro unico di verifica della realizzazione di una vera società egualitaria e senza classi sociali. Sempre nell'Ideologia tedesca leggiamo: Che un individuo come Raffaello possa sviluppare il suo talento dipende dalla divisione del lavoro e dalle condizioni culturali degli uomini che da essa derivano. [...] La concentrazione esclusiva del talento artistico in alcuni individui e il suo soffocamento nella grande massa, che ad esso è connesso, è conseguenza della divisione del lavoro. [...] In una società comunista non esistono pittori, ma tutt'al più uomini che, tra l'altro, dipingono anche. E le citazioni potrebbero continuare a lungo, basti pensare, per restare al campo della produzione artistica a quanto scritto da William Morris. Utopia, dirà qualcuno. Ma si sa noi dall'utopia siamo romanticamente e dichiaratamente affascinati.

Che succede, dunque? Col governo dell'Ulivo si è iniziato davvero a costruire la società comunista? Ha ragione il novello Parceval di Arcore a sostenere che la sinistra, quella vera, è al potere e che i comunisti perdono il nome, ma non il vizio? La pavida classe media italiana, che da più di mezzo secolo vota democristiano (anche nei suoi travestimenti da seconda repubblica), per terrore degli sconvolgimenti che potrebbero insorgere nella placida vita quotidiana, può dormire sonni tranquilli. Non solo i comunisti italiani hanno perso il vizio molto prima del pelo, ma da quando sono divenuti coministri, la patina delle parole di sinistra serve solo a nascondere sinistri propositi. Saremmo, altrimenti, costretti a pensare che il rampollo dei Berlinguer abbia male studiato ed interpretato i classici del pensiero socialista.

Quello che infatti ci si propone di affermare nel documento ministeriale, non è che la divisione tra il lavoro manuale e quello intellettuale va superata; al contrario, poiché i due lavori hanno uguale dignità culturale i giovani, invece di ricevere tutti indistintamente una formazione culturale ampia che li porti alla possibilità di decidere delle scelte professionali con cognizione, dopo la scuola dell'obbligo, anche nella fase dell'obbligo, potranno sia seguire corsi teorici nella riformata scuola secondaria, che, a scelta, corsi pratici (legati al fare e al saper fare) nel sistema regionale della formazione professionale, senza sentirsi, in questa seconda circostanza, inferiori. Ovviamente, poiché il Ministro si occupa di istruzione e non di volgari e prosaiche quisquilie legate al denaro, non entra nel merito delle future retribuzioni legate ai diversi lavori che i giovani andranno poi a svolgere. Sorvolando su contraddizioni di piccolo respiro, quelle care ai soliti scontenti cui nulla piace (quale potrebbe essere la speciosa questione relativa a quale tipo curioso di innalzamento dell'obbligo risponda quello prospettato che prevede un anticipo dell'età in cui gli studenti dovranno operare la scelta del canale formativo), un fatto importante appare finalmente stabilito una volta per tutte: i lavori hanno tutti la stessa dignità!
Immaginiamo il tripudio di chi si spezza la schiena in miniera, o di chi passa otto ore al giorno in una fabbrica malsana, o di chi col nome pulito di operatore ecologico raccoglie giornalmente i maleodoranti rifiuti altrui, o di chi infine lavorando i campi fecondi ha anche il privilegio di respirare aria buona: finalmente si riconosce che la loro professione ha un suo contenuto culturale. Per costoro, di fronte a tale successo, passano in second'ordine le grette considerazioni sulla qualità della vita. Che i cardiochirurghi, gli avvocati di Cassazione, i professori universitari (eventualmente ministri), i finanzieri d'assalto, i diplomatici e i loro consimili, continuino a frequentare località turistiche esclusive, ristoranti di lusso e prime teatrali; continuino a viaggiare su potenti automobili per recarsi nelle proprie villette unifamiliari, comunicando col proprio telefonino cellulare o via Internet. Ormai il muro è infranto e pur se le differenze materiali permangono, la dignità è la stessa, tanto identica che i bambini possono optare con tranquillità fin dai 12 anni.

Fourier, nel suo falansterio, intravedeva una vita armonica perché, seguendo ognuno le proprie inclinazioni, si sarebbe trovato sempre qualcuno disponibile, senza coercizione, per qualsiasi mansione necessaria; ognuno avrebbe però avuto diritto alla stessa quota di beni, indipendentemente dal lavoro svolto. Stranamente è solo questo ultimo insignificante particolare che manca nel falansterio nazionale immaginato da Berlinguer.

Per un Ministro così aereo, così svincolato da penose considerazioni materiali, chi può essere talmente sospettoso da immaginare un interesse bassamente concreto? Chi, ad esempio, potrebbe avanzare il sospetto che la formazione professionale regionale, col suo apparato non meno elefantiaco di quello ministeriale, con la sua amplissima disponibilità finanziaria spesso legata a generose contribuzioni europee, con il suo intreccio di interessi politici cui il pidiesse non è certo estraneo, con i suoi interessi di bottega che rendono i diplomi rilasciati da una regione non riconosciuti da un'altra, chi, dico, potrebbe avanzare il sospetto che essa abbia avuto un peso non indifferente nella formulazione del progetto?

Il Ministro in una tavola rotonda tenutasi a Milano il primo di febbraio ha rifiutato qualsiasi rigurgito gentiliano. Peccato che il convegno vertesse proprio sulla formazione della classe politica quale classe dirigente e che nulla di più gentiliano esista che separare i canali formativi in funzione dei ruoli sociali che gli individui saranno poi chiamati a ricoprire.


Articolo da Alternativa Libertaria - febbraio 1997